venerdì 13 marzo 2009

COSA FA RIDERE I BAMBINI


....un altro breve stralcio del mio libro, prossimamente pubblicato da Troll Edizioni...


Riuscire a far ridere un bambino è la cosa più bella del mio lavoro. Il bambino apprezza una comicità molto diversa da quella dell’adulto, una situazione comica che fa sbellicare dalle risate il primo, spesso fa solo sorridere il secondo. Per far ridere i bambini di solito occorre fare cose veramente stupide che però, per sortire l’effetto dovuto, vanno eseguite con convinzione, partecipazione e divertimento. Un ottima gag o battuta proposta con lo spirito e l’atteggiamento sbagliato non sortirà alcun effetto comico.
Ecco a voi alcuni spunti, molti dei quali verranno ampliati nel corso del libro:
- Classiche gag del clown bianco e del clown augusto
Il primo irreprensibile, composto, autoritario, severo; il secondo strampalato, pasticcione, dispettoso, giocherellone. Il bianco cuce, costruisce, propone, mentre l’augusto disfa, sorprende, prende in giro, banalizza. Il bianco afferma con assoluto rigore che una cosa non si deve fare e l’augusto puntualmente disobbedisce. Il bianco dice e l’augusto contraddice.
Il Magicoliere, che di solito lavora da solo, per formare questa coppia si avvale di uno specifico burattino (come vedremo più avanti) che assume il ruolo dell’augusto. Per esempio, posso dire al pupazzo, con tono risoluto, che è l’ora di fare la nanna, lui fa finta di addormentarsi e invece di nascosto mi fa la linguaccia.
Talvolta può capitare di realizzare gag insieme ad un collega. Per esempio un Magicoliere si esibisce convinto in una spettacolare magia, mentre l’altro, a sua insaputa, gli fa le corna da dietro.
- Vantarsi di essere bravo a fare qualcosa per poi fallire miseramente
Per esempio posso professarmi come un abilissimo mago che farà sparire una pallina dal pugno della mano. Dopo aver pronunciato la formula magica e qualche gesto rituale apro il pugno e la pallina è sempre lì…
Oppure dichiaro di saper modellare con i palloncini il coniglio più bello del mondo. Gli intenti sono buoni ma i risultati pessimi…
- Il linguaggio del corpo
Quando accade qualcosa il nostro corpo è il mezzo più potente di comunicazione. Se volutamente accentuo i miei gesti, la mia espressività, il mio paralinguaggio il bambino lo apprezza notevolmente. Se, per esempio, fingete di farvi male a un dito (magari per colpa di un palloncino che vi sbatte sopra…) provate a saltare, muovervi su e giù per la stanza, fare smorfie di dolore, disperarvi, ululare e mi direte l’effetto che sortisce!
- Comicità escrementizia
Trattare argomenti quali cacca, pipì, calzini sporchi, piedini puzzolenti funziona da matti. Ad esempio al bimbo, che mi chiede dov’è la mia collega che ha conosciuto il giorno prima, posso dire che non è potuta venire perché è stata male e ha fatto la cacca tutto il giorno.
Si può altrimenti usare un particolare fiore magico che appassisce, per il cattivo odore, ogni qual volta viene avvicinato ai piedini del bambino (come vedremo più avanti questo effetto avviene tirando un anellino situato all’estremità del gambo).
- Espressioni stravaganti ed inconsuete
Ascoltare esclamazioni tipo “fresca insalata”, “santa patata”, “mondo birbone”, “rien ne va plus” e via dicendo sortisce un effetto comico, oltre che emulativo.
- Goffaggine dell’adulto
Per esempio mentre giocolo spavaldo con tre palline mi cadono in terra (meglio sulla testa) oppure mentre gonfio un palloncino vola via o scoppia. Queste azioni, ancora di più se mi mostro imbarazzato, mandano il bambino in visibilio.
- L’esagerazione
Una cosa eccessivamente grande o piccola, ancor di più se a livello verbale si dice il contrario, è un ottimo strumento per promuovere delle risate. Per esempio: dichiaro di voler prendere la mia bacchetta magica tascabile e tiro fuori una bacchetta lunga quattro metri.
- Quando il bambino combina dei guai
Quando accade qualcosa di inaspettato che stupisce, senza mortificare. Per esempio: dico al bambino di reggere un attimo la mia preziosa bacchetta magica. Lui la prende e tra le sue mani si rompe. Oppure gonfio un palloncino e, senza legarlo, chiedo al piccolo se me lo regge. Lui lo afferra e tra le sue mani si sgonfia.
- Quando l’adulto combina dei guai
Per festeggiare una splendida magia eseguita dal pupazzo (come vedremo più avanti) il Magicoliere lo lancia in aria con l’intento di riprenderlo; manca accidentalmente la presa e il pupazzo cade sul pavimento.
- Chiedere al bambino delle cose ovvie come se fossero difficilissime
Propongo al bambino di chiudere gli occhi mentre il pupazzo (che muovo io) si nasconde. Il piccolo accoglie l’invito e una volta che li riapre ha il compito di scovare dove si è nascosto. Il nascondiglio, ahimé, risulta sempre eccessivamente visibile…
- Sbagliarsi clamorosamente nel chiamare o ripetere le cose con il giusto nome
Invece di “sonno” dire “tonno”, di “carino” dire “camino”, di “torta” dire “porta”, di “bottone” dire “dentone”……

1 commento:

Anonimo ha detto...

ciao mirko, ti assicuro che non me lo lascerò scappare. leggendo quanto ai scrittomi hai suggerito alcune idee molto stuzzicanti. grazie