mercoledì 27 ottobre 2010

TIROCINIO SARA


Beh’…. Che dire… sono senza parole…. Non male come inizio non trovate?!?

Mirko ha gentilmente offerto la possibilità di esprimere la nostra esperienza di tirocinio in poche righe, e per questo lo ringrazio tantissimo ma… come si fa?

Mi spiego meglio: come si possono concentrare mille emozioni in poco spazio? La risposta è semplice: è impossibile. Ad ogni modo cercherò di tradurre in parole ciò che ho provato, sperando di riuscire a rimanere nei limiti !

Il mio primo giorno di tirocinio è iniziato con un livello di angoscia fuori dal comune, sono una ragazza solare e solitamente molto autoironica ma quando si tratta di eseguire delle “performance” davanti ad un pubblico (anche ristretto) mi agito tantissimo (basti pensare che quando a Natale mi mettevano sulla seggiolina davanti ai parenti per recitare la famosa poesia imparata all’asilo, diventavo rossa come un peperone…).


Quando sono arrivata nel parcheggio dell’ospedale con la mia compagna d’avventura, mi sentivo le gambe tremare e il cervello confuso, tant’è che abbiamo subito sbagliato strada e siamo andate in un altro reparto… dopo mille peripezie, abbiamo finalmente trovato Mirko che con la sua voce serena ha cercato di tranquillizzarci: beh’, vi posso assicurare che non ero affatto tranquilla! Cercavo di far promettere a Mirko che non mi avrebbe coinvolto, che non mi avrebbe fatto fare magie né tantomeno scenette comiche, perché in quel momento per me non c’era nulla di comico, stavo attraversando la fase tipica che precede gli esami universitari: strizza!

Ma a quanto pare nel camice dei Magicolieri c’è davvero un po’ di polvere magica… non appena l’ho indossato e ho visto una bambina che curiosava nel corridoio per aspettarci, la paura è scomparsa e si è trasformata in voglia di mettersi in gioco e di regalare sorrisi. Dico davvero!

Cosi è iniziata la mia avventura: ho avuto la fortuna di vedere molti casi diversi fra loro, bambini sofferenti, allegri, curiosi, impauriti, timorosi ed ho potuto osservare come deve essere l’approccio professionale in ciascuno di questi casi.

Quando sei davanti ai bambini, malati o no, la parte adulta e piena di schemi predefiniti viene meno: riscopri quanto sia bello giocare per terra con le trottole, quanto siano magiche le bolle di sapone, i libri che si colorano in un attimo, il soffio di un bambino… ma soprattutto acquisti la consapevolezza che è ancora possibile giocare in modo semplice e naturale grazie all’utilizzo della fantasia e della creatività.

Davanti a loro ti accorgi quanto siano banali le questioni adulte, quanto tempo si spreca durante la giornata e quanto potrebbe fare ognuno di noi per aiutare il prossimo…

Grazie a Mirko, a Chiara, a Simona e ai miei compagni di corso ma soprattutto grazie ai bambini perché ovunque vado continuano a darmi la forza di sperare in un mondo migliore.


Ps: sono stata nei limiti di spazio?!? J


Sara


 

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